Confesso di non volermi confessare!

ConfessionaleQuante volte abbiamo sentito frasi di questo genere: “mi vergogno a confessarmi”, “perché dovrei raccontare i fatti miei a un prete”, “io chiedo perdono direttamente a Dio”.

Il sacramento della confessione dà un po’ fastidio, incute timore o più semplicemente appare un metodo vecchio e un po’ scomodo di gestire la propria coscienza.
Eppure Papa Francesco non ha esitato a difenderne l’importanza e come sempre, dando lezione di umiltà, si è definito peccatore in prima persona e anch’esso bisognoso di confessarsi ogni 15 giorni.

Ma la confessione ha ancora senso ai nostri giorni? Come va vissuta?

Secondo noi la confessione, oltre che al mero elenco dei peccati commessi e alla richiesta di perdono, andrebbe vissuta come un momento di valutazione del proprio percorso di vita. Un’occasione per vedere i propri progressi, un modo per capire se stiamo facendo passi avanti o se siamo fermi (per es. perché confessiamo sempre gli stessi peccati).

Il sacerdote può diventare un punto di riferimento, una guida spirituale, capace di consigliarci nei momenti di difficoltà della nostra vita. Da qui l’importanza di scegliere un sacerdote con cui ci troviamo in sintonia e, se possibile, confessarci sempre da lui.

Anche dal punto di vista psicologico, tirar fuori i nostri problemi e le nostre mancanze produce un effetto liberatorio che ci permette di ripartire ogni volta con nuovo slancio, lasciandoci alle spalle i nostri errori. Ciò non toglie che delle nostre mancanze dobbiamo assumercene le responsabilità e, se necessario, risolvere i nostri problemi cercando di chiarirci con i diretti interessati a cui abbiamo provocato danno.

Tutto questo con la consapevolezza che Dio, a un cuore realmente pentito, mai negherà il suo perdono.

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