La grande bellezza di Sorrentino e la ricerca di senso

La Grande Bellezza ha vinto meritatamente il prestigioso Oscar come miglior film straniero. Una pellicola che offre molti spunti soprattutto per la costante ricerca della grande bellezza, la ricerca di senso del protagonista Jep Gambardella, uno scrittore di talento mancato, un seducente mondano sulla via del pentimento.

locandina-la-grande-bellezza La ricerca della grande bellezza di Jep è immersa in un profondo vuoto interiore, fatto di feste tanto esagerate quanto insignificanti, un male necessario utile per coprire il suo costante senso di disagio e di insoddisfazione.

La costante ricerca di senso del protagonista si svolge su un palcoscenico dove spicca la grande bellezza di Roma, fatta di sontuosi palazzi romani e di splendidi paesaggi.

Ma è una bellezza che stride profondamente con la pochezza delle persone che incontra e frequenta, alcune banali, altre vuote, tutte malinconiche e piene di contraddizioni.

Il film si spinge lento verso il finale con Jep che sembra perdere progressivamente  il suo calcolato e studiato modo di apparire: piange come un bambino a un funerale contro ogni suo studiato proposito, scopre che il suo vicino era un pericoloso latitante  quanto impeccabile uomo d’affari, perde uno dei suoi più cari estimatori (il personaggio interpretato da Carlo Verdone, un artista mediocre e insoddisfatto) che decide di ritornare al paese di nascita.
Scopre inoltre che una delle sue prime donne lo aveva profondamente amato per tutta la vita pur restando sposata con un altro uomo con cui non aveva potuto avere figli.

L’incontro con “la santa” (una sorta di Madre Teresa di Calcutta) sembra riaccendere in lui un qualche stupore o ansia di domande che non riuscirà però a soddisfare nemmeno con una richiesta ad un vescovo improbabile che lo liquida con una fredda benedizione più rituale che benaugurante.

Solo il ricordo di un lontano amore riesce a riaccendere in lui il fuoco della Grande Bellezza, svanita e mai più riapparsa in tutta una vita di apparente quanto inutile successo.

In fondo il film, a nostro parere, rappresenta in modo esemplare il profondo senso di inutilità e di disillusione del protagonista che scopre di avere vissuto una vita apparentemente di successo ma profondamente infelice.
Senza una donna da amare veramente, senza qualcosa di profondo da raccontare, senza una causa vera da sposare.

Un fallimento di successo potremmo dire. Con la splendida chiusura sull’elogio del futuro, perchè lascia ancora la speranza di poter cambiare la propria vita mantenendo viva l’illusione di un vuoto ancora da riempire.
Un film che dovrebbe far riflettere molti sul senso della vita e sull’importanza di fare scelte che sappiano andare controcorrente, oltre le apparenze e la vuota mondanità che spesso il mondo di oggi (ma anche di ieri..) ci spinge a vivere.

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