Angele Lieby, salvata da una lacrima che non ha fatto staccare la spina ai medici.

Angele Lieby il 13 Luglio 2009 si sente male per una fortissima emicrania.
Va al pronto soccorso ma dai primi accertamenti non risulta nulla. Si aggrava non riuscendo a respirare e ad alimentarsi.
Nel giro di poche ore si trova in stato di coma farmacologico, tenuta in vita da un respiratore artificiale, solo il cuore funzionante e lei,  incapace di comunicare con i dottori e i familiari, ma perfettamente cosciente di ciò che le accade.

I medici, dopo 4 giorni, sono sul punto di staccare la spina e lo consigliano al marito, dicendogli di pensare al funerale perchè ormai “non c’è più niente da fare” e anche in caso di risveglio sarebbe rimasta in stato vegetativo.
Il marito molto turbato è sul punto di rassegnarsi e inizia le procedure per il funerale, mettendo a punto tutti i preparativi.
Il consiglio dei medici sembra difficile da ignorare.

Poi scatta qualcosa. Il marito si impone dicendo che bisogna aspettare per capire meglio cosa è successo alla moglie. Prende tempo.
E avviene qualcosa di impensabile.

Angele Lieby fa scendere alcune lacrime sul suo viso dopo che la figlia le fa alcune confidenze molto intime e le rivolge delle parole che la fanno emozionare. Anche una piccola tachicardia, in particolari momenti, è il suo unico modo di comunicare.
Alle segnalazioni della figlia i medici rispondono che si tratta di normali reazioni del corpo del tutto involontarie e a proposito delle lacrime le ritengono come il semplice effetto di un gel curativo che le applicavano.

Poi dopo qualche giorno inizia a muovere un occhio e un dito. A quel punto tutti capiscono: è viva!

Una storia incredibile che dovrebbe far riflettere tutti i promotori dell’eutanasia.
Una testimonianza forte per chi, magari anche in buona fede, commenta la situazione di persone in coma nascondendosi dietro a frasi tipo: “poverino, che vita è, soffre e basta, meglio staccare la spina”, “ormai non risponde più alle sollecitazioni, è come morta” e via dicendo.

La sofferenza è sempre difficile da accettare, soprattutto quella delle persona a cui vogliamo bene.
Ma quando ci sentiamo dire “Non c’è più niente da fare” dovremmo rispondere con un detto tanto comune quanto vero: “Finchè c’è vita, cè speranza!”
Di seguito vi proponiamo la sua testimonianza in un servizio di Tv2000:
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